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Immagine del redattoreMirko Scravaglieri

LUKAKU e il razzismo negli stadi italiani ma non solo...


La curva dell'Inter invia un comunicato ufficiale diretto proprio al neo acquisto Romelu Lukaku in cui spiega le motivazioni del brutto gesto compiuto dai tifosi cagliaritani in occasione della partita Cagliari Inter di domenica 1 Settembre.

Per chi avesse il tempo e il piacere di leggere il comunicato integrale clicchi qui

Razzismo è una parola brutta, pessima, da condannare sempre il cui significato risiede nel non accettare le diversità e la storia ci insegna come le manifestazioni di razzismo siano state devastanti per gli esseri umani qualsiasi sia stata la forma o la direzione percorsa. Il razzismo contro gli ebrei durante il terzo Reich, il razzismo contro le persone di colore negli Stati Uniti d'America, il razzismo nei confronti dei diversamente abili, tra persone facenti parte dello stesso popolo come avveniva per i nostri "TERRONI".

A parte il termine già di per sé molto forte io condanno il motivo in base al quale possa esistere anche soltanto un essere vivente che si autoproclami superiore ad un altro a prescindere dalla propria razza, famiglia, provenienza o specie.

Anche le zanzare (di cui a Vercelli siamo cultori e fabbricatori), hanno un proprio senso su questa terra, rompono le scatole alla nostra pelle e divengono cibo per altre specie animali.

Non esiste nulla e ripeto nulla al mondo o nell'intero universo che non abbia la propria importanza per cui figuriamoci gli esseri umani che sono gli inquilini più influenti.

Ma i miei articoli non servono per fare cronaca perché esistono testate giornalistiche e blogger ben più autorevoli del sottoscritto: il mio intento è fare e distribuire formazione dando uno spunto per riuscire a cogliere altri punti di vista che potrebbero essere sfuggiti all'attenzione dei più.

Voglio partire proprio dal comunicato ufficiale della curva nord della società F.C. Internazionale Milano che rivolgendosi al proprio attaccante cerca di spiegare che all'interno dello stadio e in Italia in genere, il razzismo non è considerato con lo stesso significato e forza che invece è acerrimo nemico della società in altri paesi del mondo.

Personalmente non sono a conoscenza di come il tema del razzismo sia trattato in Inghilterra o in Spagna ma in Italia è un elemento/virus abbastanza latente cioè non è così discusso poiché stiamo imparando soltanto da poco tempo ad integrarci con la cultura "nera" (visto che si parla di Lukaku).

In altre parole, gli italiani stanno entrando in contatto con le civiltà di provenienza o di origine africana soltanto negli ultimi anni infatti è solo da poco che nelle scuole, nelle squadre di calcio e nei contesti abituali abbiamo la possibilità di vedere alcune persone di colore.

Però come ho scritto poco sopra, razzismo non significa solo bianchi contro neri. Mio padre, quando dalla provincia di Enna si trasferì a Vercelli dovette subire le peggiori angherie e accettare che in quel periodo era platealmente legittimo scrivere quindi leggere che non si sarebbero affittati appartamenti ai meridionali.

Razzismo è l'esaltazione della diversità e la sua espressione, se non controllata e combattuta si tramuta quasi sempre in violenza.

Io, tuttavia, voglio cercare di scavare a fondo in questa storia che ha come protagonisti Lukaku, la tifoseria cagliaritana e la curva nord dell'Inter.

Siamo tutti d'accordo che con il termine razzismo si intende l'esaltazione della propria diversità allo scopo di dimostrare (stupidamente) che una differenza sia migliore di un'altra.

Questo è inconcepibile e incredibile perché è proprio nella diversità che nasce la parte migliore del mondo.

Diversità significa viaggiare alla ricerca e alla scoperta di una cultura nuova (diversa) che ci colpisce, ci affascina, ci riempie i polmoni di nuova conoscenza e, di conseguenza, ci rende migliori.

Il profilo del razzista è dunque quello di chi non ama uscire di casa per confrontarsi con il mondo.

Ma allora, forse, non stiamo parlando veramente di razzismo. Forse chi non ama confrontarsi con gli altri, chi non ha piacere ad uscire fuori dal proprio guscio (la comfort zone), chi non trae giovamento interiore dalla crescita di fare un viaggio in una cultura diversa e sconosciuta non è un razzista ma è semplicemente un poverino, un malato di abitudini negative che non gli permettono di vedere oltre al proprio orticello.

Forse, chi negli anni 60 a Vercelli non affittava le case ai meridionali non era davvero un razzista ma soltanto una persona gretta e spaventata da ciò che non conosceva perché diciamoci la verità:

razzismo significa paura della diversità!

Quando si ha paura di qualcosa la si evita il più possibile quasi fosse una malattia ma se ne si viene a contatto la reazione è quella di combattere per difendersi e difendere la propria casa e propri cari.

Quindi essere considerati dei razzisti cosa significa?

Forse essere considerato razzista significa essere o venire interpretato come entità che odia la persona di colore o tutte le persone di colore ma questa teoria non mi convince e comunque non ci voglio credere: non posso crederlo.

Ritornando a quanto comunicato dalla curva dell'Inter, secondo loro, lo stadio rappresenta un luogo dove insulti, minacce, caos, prendono un altro significato.

Secondo loro, insultare pesantemente la madre di un avversario è una forma di rispetto inteso come il temere la forza di quel giocatore che quindi deve venire in ogni maniera possibile destabilizzato, deve essere infastidito, non deve risultare determinante per la propria squadra ai fini del risultato in maniera tale che la squadra di casa possa vincere.

Sapete una cosa? Io gli credo: non sono d'accordo ma gli credo.

Lo so, sembra molto strano ma l'estate appena passata sono stato a Lugano a vedere la prima partita della nuova Inter di Antonio Conte. Premetto che io non sono un tipo da stadio. Amo il calcio da poltrona e amo le telecronache di Fabio Caressa, Pierluigi Pardo e Maurizio Compagnoni: ho necessità di rivedere i replay delle azioni di gioco e questo, naturalmente, non si sposa con la filosofia del tifoso da stadio.

Purtroppo ho trovato solo due posti in curva e mi sono ritrovato proprio con i tifosi della curva nord.

Scrivo purtroppo perché la seduta in curva non era troppo comoda, inoltre la posizione non permetteva di seguire in maniera piacevole la partita.

Però proprio il tema del razzismo casca a fagiolo per via di quello che mi è capitato di ascoltare.

Cori a favore dell'Inter, dei giocatori; nello specifico in particolare molti cori positivi erano rivolti al portiere capitano Samir Handanovic.

Ogni tanto, però, il capo della curva con il suo megafono intonava canti e cori contro le altre squadre italiane del tipo: chi non salta milanista è!

Fin qui, tutto normale anche se mi chiedo se intonare un canto o un coro che inviti i propri tifosi a compiere un'azione (quella di saltare) per dimostrare di NON essere facente parte della tifoseria di un'altra squadra non possa far pensare che essere di una fazione piuttosto che di un'altra sia meglio quindi pare che questo comportamento non si discosti molto dal significato del termine razzismo.

Ma sorvoliamo su questa sottigliezza e andiamo al vero episodio.

Io sono nato a Vercelli, ho studiato (grazie ai sacrifici dei miei genitori) e parlo correttamente la lingua italiana senza condizionamenti dialettali tipici delle regioni italiane: in altre parole non ho accenti o pronunce che potrebbero indicare in maniera certa e scientifica la mia provenienza come potrebbe invece accadere per una persona proveniente dal Veneto, dalla Toscana, dal Lazio, dalla Campania, dalla Puglia o dalla Sicilia dove alcune cadenze dialettali o pronunce potrebbero far comprendere l'indicazione geografica.

Ma nulla di male, io non ho inflessioni dialettali mentre altre persone con altre provenienze sì.

Non sono né migliore né peggiore anzi quando riconosco qualcuno grazie alla propria pronuncia, siccome amo l'Italia intera, mi diletto con qualche modo di dire tipico della zona di provenienza del mio interlocutore, il che, il più delle volte si traduce in empatia nei mie confronti.

Durante la partita, parte un coro: XXXXX fogna d'Italia con conseguente insulto (perché non si trattava di sfottò ma di insulto) agli abitanti di quella città.

Il fatto curioso è che tantissime persone facenti parte della tifoseria interista e presenti in quel momento a Lugano erano provenienti proprio da quella città citata e insultata dai cori interisti.

Il fatto più strano e agghiacciante, è che loro stessi partecipavano ai cori!

Io non me la sono sentita, non c'era nemmeno il motivo per farlo perché non stavamo giocando contro la squadra oggetto degli insulti e nemmeno sarebbe potuta essere considerata avversaria a distanza perché il campionato non era ancora cominciato.

La mia domanda è semplice: sono razzisti con se stessi anche gli abitanti della città presa di mira durante i cori?

La risposta chiaramente è NO.

Nessun Vercellese sarebbe razzista in maniera pesante contro Vercelli tanto da cantarlo pubblicamente per cui, probabilmente ci dev'essere dell'altro sotto.

Quindi io credo al comunicato della curva nord dell'Inter che ritiene che razzismo sia una bruttissima parola che non deve essere mai nemmeno pronunciata ma la sua espressione, la sua rappresentazione sebbene fastidiosa, all'interno dello stadio prende un altro significato.

Ripeto: non sono d'accordo ma comprendo e credo alle parole proferite dalla curva interista.

Ora, però dobbiamo pensare chi è il tifoso da curva, la sua cultura, la sua natura e perché va in curva.

La curva, come il mondo è frequentata da persone normalissime ma è rappresentata e organizzata da un'altra tipologia di persone.

Non intendo dire brutta gente o bella gente ma un'altra tipologia di persone.

Il capo Ultrà che tiene in mano il megafono, la partita non la segue!

Cosa ti fa pensare questa cosa?

Forse non sarà lì per la partita ma evidentemente per fare altro cioè curare la coreografia acustica e visiva, diciamo.

La settimana scorsa, era Giovedì, e mi trovavo a passare di fianco allo stadio della Juventus e ho visto alcuni furgoni che entravano per scaricare le coreografie, gli striscioni e i petardi che sarebbero serviti il Sabato seguente.

Quindi la società Juventus permette che senza che le forze dell'ordine possano controllare, entri nello stadio materiale sconosciuto? La risposta è sì.

Ma lo fa la Juve, il Milan, l'Inter, il Cagliari, etc...

Quindi la tifoseria organizzata rappresenta un concetto da comprendere all'interno del sistema calcio che le società rispettano e tutelano ma soprattutto che sponsorizzano.

Adesso andiamo al problema.

Successivamente al fatto accaduto lunedì sera a Lukaku, vuoi per l'importanza del giocatore e della sua squadra, vuoi perché il tema è molto importante e delicato, sono nate numerose campagne di sensibilizzazione contro il razzismo, contro gli insulti razzisti.

Per molti, la soluzione è semplicemente di vietare che il razzismo entri negli stadi di calcio imponendo rigidi controlli e pesanti ammende per i trasgressori o per la società responsabile di avere quei determinati tifosi "maleducati".

Quindi la soluzione è vietare il razzismo pena la multa, la detenzione, la sedia elettrica.

Ma che educazione è?

Punire un maleducato esclusivamente con una pena significa obbligarlo, in una maniera o nell'altra, a rispettare una norma ma io credo che prima di punire bisognerebbe educare realizzando percorsi che inizino sin dall'infanzia per far comprendere interiormente l'importanza dell'essere umano o di ogni altra situazione che potrebbe essere vittima di razzismo.

Un tifoso che insulta quello che viene considerato un avversario, un nemico sportivo, certamente dimostra grande maleducazione e forse anche senso di inciviltà ma all'atto pratico, sta soltanto cercando di difendere il proprio orticello (la sua squadra) dagli attacchi dei nemici (la squadra avversaria): questo è da considerarsi razzismo?

Se la risposta è sì allora ecco un breve elenco che servirà per comprendere che il razzismo esisste in ogni cosa che facciamo:

La religione che spinge ed induce a non accettare le diversità delle altre

La politica che fra destra e sinistra ha causato scontri gravissimi nella storia

Apple e Samsung perché pare che avere uno piuttosto che l'altro sia un reato contro l'umanità

Un imprenditore che fa la guerra (intesa come concorrenza spietata) ad un proprio rivale commerciale

Guardati intorno e vedrai soltanto guerre di razze, di colori, di marchi al semplice scopo di coalizzare una cerchia di alleati e focalizzarli contro un nemico.

Abbiamo sempre bisogno di un nemico per comprendere il motivo della battaglia.

Pensa alle torri gemelle, l'11 Settembre 2001 sono morte tantissime persone innocenti per via di un attacco terroristico (o presunto tale ma non voglio entrare nella diatriba del vero o falso), e pensa allo stato d'animo degli americani che si sono sentiti aggrediti dai terroristi che sono divenuti acerrimi nemici da cancellare.

Pensa allo sbarco sulla Luna che per molti sembra stata una rappresentazione cinematografica e alla guerra che tutt'ora è in piedi tra i sostenitori della NASA e i complottisti: guerra a suon di prove e documentazioni scientifiche.

Pensa al lavoratore dipendente che odia letteralmente il proprio datore di lavoro reo, secondo lui, di sfruttarlo e sottopagarlo.

Insomma: come si può pretendere di eliminare il razzismo quando la guerra è l'elemento che tiene insieme l'intera umanità che grazie ad essa si riunisce e collabora per combatterla.

Ma i cori razzisti sono davvero peggio di un insulto alla madre di un giocatore perché figlio di...non pare avere la stessa (cattiva) importanza di "NEGRO"; Negro non si può dire perché rappresenta qualcosa che va oltre all'insulto ma io credo che un insulto valga come un altro e che non esista una parola o una frase più offensiva di un'altra.

Quindi debellare il razzismo inteso come cori, come insulti che abbiano come scopo l'andare oltre al normale insulto, credo si potrà fare ma questo significherà eliminare esclusivamente la punta dell'iceberg, non la sua radice che continuerà a resistere e rinforzarsi in silenzio e nel silenzio dell'ipocrisia perché se non andremo in fondo quindi insegnando la base del rispetto reciproco e delle conseguenze della mancanza di esso allora andremo a fomentare ancor di più il gene maligno del conflitto.

Aggiungo che ogni tanto intravedo alcuni post che invitano le persone a manifestare a favore della non violenza contro le donne e io rispondo: No ALLA VIOLENZA, PUNTO perché difendere una categoria specifica quando tutto il mondo va a rotoli (per quanto io sia d'accordissimo alla non violenza contro la donna perché la donna è sacra) sembra una forma di razzismo inverso e su questo io non sono d'accordo perché esistono anche i bambini che vengono maltrattati, gli animali, la natura, i lavoratori e tutti loro dovrebbero essere tutelati e ricordati in egual maniera, forma e sostanza.

Io credo che Lunedì scorso nessun cagliaritano odiasse Lukaku tanto meno le persone di colore ma che sia stato un comportamento atto a offendere un avversario forte e pericoloso che in quel preciso istante stava facendo del male ad un qualcosa di importante per i tifosi del Cagliari che, forse, come tutti i tifosi di tutte le squadre italiane e come tutte quelle persone di Vercelli che negli anni 60 non affittavano la casa ai meridionali, hanno avuto solo paura di perdere qualcosa di importante.

Non si chiama razzismo si chiama cattiva educazione e la soluzione sarebbe quella di sostituire l'aggettivo cattiva con buona: buona educazione e questo può dipendere soltanto da noi e da come d'ora in poi educheremo i nostri figli.

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